— di Francesca Benna
(In ricordo del prof. Pierluigi Zoccatelli. Per i confronti costruttivi, la sua umanità e la capacità di stimolare il mio interesse verso questi argomenti così affascinanti).
Pubblicato il 7 giugno 2024 • Aggiornato il 22 agosto 2024
Key Barker, 2023: immagine 1 (immagine non più presente sul sito)
Imagination is something that exists. If you can picture the imagination as a real magnetism, with real magnetic waves, then you will find yourself beginning to believe in its power. One has to invent one’s invention. If art will invent itself for itself, then it can react even to the turbulence of the history of man – not for being distracted, but by the power of imagination. Art is discernible rather by the imagination in it than by its distraction (Mario Merz, 1981).
Durante la visita a Damanhur, nella Valchiusella, in Piemonte, comunità consolidata, che professa una filosofia fondata sull’amore e sul Divino, è possibile imbattersi nell’arte di Oberto Airaudi, non solo in una dimensione spirituale “alternativa”.
Oberto Airaudi, conosciuto anche come Falco o Falco Tarassaco, ha fondato la comunità di Damanhur nel 1975, intraprendendo un’impresa che ha combinato elementi di spiritualità, ecologia e vita comunitaria. Situata nel nord-ovest dell’Italia, la comunità di Damanhur è un ecovillaggio e una comunità che si basa su principi di autosufficienza, spiritualità e sostenibilità ambientale. Oberto Airaudi ha sviluppato e divulgato un sistema di credenze chiamato “Spiritualità del Popolo”, che combina elementi di varie tradizioni spirituali. Attraverso la creazione di strutture sotterranee, come i “Templi di Uomo e di Damanhur”, Airaudi ha fornito un luogo per la pratica spirituale e la meditazione all’interno della comunità. Le sue ideologie hanno ispirato molti a esplorare nuovi modi di vivere e pensare, facendo di Damanhur un punto di riferimento per coloro che si definiscono in cerca di una vita comunitaria alternativa e una spiritualità non convenzionale.
Falco è stato una figura molto influente nell’ambito del movimento New Age in Italia e all’estero, anche per ciò che concerne la sua produzione artistica.Osservando i suoi Selfic paintings (se ne dirà di più tra poco), una similitudine interessante può, a mio parere, venire colta: i motivi, le forme, i colori riportano con il pensiero all’arte aborigena australiana. Tutti gli elementi se osservati attentamente rendono fruibile questo collegamento, il paragone mi viene spontaneo: la pittura di Airaudi ricorda il magico mondo del Dreamland australiano.Airaudi ha definito la propria arte come selfica. La Selfica è infatti una delle credenze più particolari del sistema filosofico e spirituale di Damanhur che, oltre ad essere un campo di ricerca spirituale, si può intendere come una vera e propria scienza con la quale i damanhuriani cercano di contattare energie ed esseri intelligenti di altre dimensioni e pianeti, utilizzando rituali e macchine selfiche per mobilitare la speciale energia associata alla forma a spirale. Nella Selfica è dunque ricorrente la forma a spirale, sia nelle creazioni in metallo sia nei dipinti. Forma geometrica che si può ritrovare in molte tradizioni culturali e artistiche, una linea che si avvolge su sé stessa, spesso associata alla Luna, è simbolo di rigenerazione, evoluzione, cambiamento, ciclicità. Simbolo che si ritrova costantemente anche nell’arte aborigena.
Il simbolismo nell’arte aborigena è un elemento centrale che trasmette significati profondi, storie culturali e connessioni spirituali. Ogni simbolo utilizzato nelle opere d’arte ha un significato specifico, spesso radicato nelle tradizioni e nelle leggende del Dreamtime, epoca mitica in cui gli antenati creativi hanno dato forma al mondo. Oltre alla spirale, tra i simboli più comuni nell’arte aborigena spiccano i cerchi concentrici che rappresentano spesso un luogo sacro o un campo, possono anche simboleggiare raduni tribali o incontri importanti tra comunità. Il colore dei cerchi spesso fornisce ulteriore contesto all’argomento. Ad esempio, i cerchi di ocra rossa potrebbero simboleggiare il potere vivificante di una pozza d’acqua o l’energia spirituale di un luogo sacro, mentre i cerchi neri potrebbero indicare la profondità della conoscenza ancestrale o il mistero che circonda un luogo particolare. Le linee che collegano i cerchi possono indicare i sentieri seguiti dagli antenati durante il Dreamtime. Le linee, lunghe o curve, potrebbero invece rappresentare percorsi, fiumi, catene montuose o sentieri di viaggio. I tratti possono anche indicare la presenza di persone o animali. Attraverso linee, cerchi e tratti gli aborigeni australiani ci consegnano delle vere e proprie mappe, percorsi che gli esseri umani seguono per arrivare agli esseri ancestrali, caratteristiche che si possono riscontrare anche nell’arte Selfica di Airaudi.
Altro simbolo ampiamente utilizzato nell’arte aborigena è il punto. Nel puntinismo, ogni punto può rappresentare un elemento specifico della storia, come un evento, una persona o un luogo. Le opere puntinate possono anche creare un effetto visivo che simula il terreno o la pelle di alcuni animali. Spesso i puntini venivano utilizzati quasi in maniera eccessiva, proprio per “celare”, nascondere informazioni segrete, per non svelare ai bianchi, venuti a conoscenza della loro arte, l’iconografia sacra. Secondo questa versione lo stile del puntinismo sarebbe quindi postumo alle prime rappresentazioni artistiche.
Tutte le forme geometriche sono dunque estremamente importanti nella ricostruzione delle opere d’arte aborigene: forme come spirali, triangoli e rettangoli possono rappresentare caratteristiche topografiche, ma spesso hanno anche significati più profondi legati al mito e alla spiritualità.
L’uso del colore, spesso collegato alla terra, è stato una componente vitale nell’esprimere la propria identità culturale, le credenze spirituali e il legame con i propri antenati e con la terra. La scelta dei colori e le loro combinazioni nell’arte aborigena riflettono complessi strati di significato e simbolismo, fornendo un linguaggio visivo che parla allo spettatore su più livelli.
Il nero, ottenuto dal carbone o dall’ossido di manganese, occupa una posizione importante nell’arte aborigena come simbolo del cielo notturno, del mistero e degli spiriti ancestrali. Rappresenta il vuoto da cui emerge tutta la vita così come anche l’oscurità che precede l’alba, a significare la natura ciclica della vita e il concetto di rinascita e rinnovamento. In molte opere d’arte il nero è usato per rappresentare l’incommensurabile profondità della conoscenza e della saggezza detenute dagli spiriti ancestrali. Serve anche a ricordare la guida e la protezione sempre presenti, offerte da questi spiriti a coloro che rispettano e riconoscono la loro esistenza. Il rosso, ricavato prevalentemente dall’ocra, occupa una posizione unica nell’arte aborigena grazie alle sue numerose associazioni simboliche. Rappresenta il sangue, che simboleggia i legami tra i membri della famiglia e i legami all’interno di una comunità. Questo colore indica l’interconnessione di tutti gli esseri viventi e la responsabilità che le persone hanno le une verso le altre. Inoltre, il rosso incarna la terra, sottolineando il profondo legame che gli aborigeni hanno con il loro ambiente. Mette in mostra il loro attaccamento alla terra come fonte di sostentamento, identità culturale e appartenenza spirituale. Il rosso simboleggia anche la vitalità, che scorre attraverso tutti gli esseri viventi e il mondo naturale. Il giallo rappresenta il calore, la luce e la vita, evidenziando il ruolo essenziale del sole nel sostenere la vita sulla Terra. Il giallo è anche associato all’energia spirituale, al potere vivificante del sole come fonte di crescita e rinnovamento. Questo colore serve a ricordare l’intricato equilibrio tra il mondo naturale e i regni spirituali, sottolineando l’interdipendenza di tutte le forme di vita.
Selfic painting: immagine 2 (video YouTube)
Altro simbolo importante, a mio parere ritrovabile sia nell’arte aborigena che in quella selfica, è quello della mano.
Le mani hanno un simbolismo importante nell’arte e nella cultura aborigena, spesso simboleggiano la connessione tra individui, comunità e spiriti ancestrali. Rappresentano il legame tra le persone e il loro patrimonio culturale, sottolineando l’unità, la cooperazione e l’importanza della comunità. Servono inoltre come rappresentazione visiva dell’energia spirituale e della guida degli antenati, le mani sono fortemente usate nei rituali, nelle danze, per invocare gli spiriti e connettersi con la terra. Il simbolo della mano è sempre stato largamente utilizzato nell’arte, pensiamo altresì alla mano rappresentata sulle monete dell’antica Roma per esprimere forza e solidarietà.
Selfic painting: immagine 3 • Aboriginal Art: immagine 4
Come i discepoli di Damanhur pensano che l’arte selfica sia stata creata “come antenna” per tutti coloro che, attraverso uno sguardo attento, possano risvegliarsi e portare avanti una tradizione millenaria, allo stesso modo l’arte aborigena è da sempre creata dai più anziani per le nuove generazioni, per lasciare tracce, insegnamenti e cercare di mantenere viva e incontaminata il più possibile la loro storia.
Selfic painting: immagine 5 • Aboriginal Art: immagine 6
Per concludere citando nuovamente il pittore Mario Merz, l’immaginazione è qualcosa che esiste. Se si riesce ad immaginare l’immaginazione come un vero magnetismo, con vere onde magnetiche, allora si può iniziare a credere nel suo potere. La realtà è soggetta ad un dinamismo costante, le cose continuano ad esistere sotto altre forme anche quando all’apparenza sono scomparse, come in una progressione continua. Allo stesso modo le opere non si concludono al momento della loro realizzazione ma continuano ad esistere e a trasformarsi nel tempo, in una concezione non lineare bensì circolare del pensiero artistico.
Aboriginal Art: immagine 7
Riferimenti:
Chatwin B., The Songlines, Penguin, London, 1988;
Griffiths B., Deep Time Dreaming. Uncoreing Ancient Australia, Black Inc., Collingwood, 2018;
Shah J., Understanding Colour in Aboriginal Art, «Creative Native», 26 April 2023;
Zoccatelli P., ‘All the Heavens in your Hands’. Oberto Airaudi and the Art of Damanhur, «Nova
Religio: The Journal of Alternative and Emergent Religions», 19 (4), 2016.